Diritto all'oblio da giugno

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  1. (elettrica)
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    CITAZIONE
    Google: diritto all’oblio in rete parte a fine giugno, ma non ovunque

    Il diritto all’oblio è ormai realtà e le 50mila richieste inoltrate a Google stanno per essere evase, qualcuna in positivo, qualcuna in negativo. Sì perché Big G può ovviamente prendersi la briga di decidere se il link scomodo risulti veramente evasivo o se sia solo un capriccio di un utente che non vuole più vedere il suo nome sulla rete per un motivo futile: quest’ultima ipotesi risulta impossibile da praticare, perché Google, come ha già affermato quando è uscita la sentenza della Corte Europea, che preserverà il diritto alla ricerca in rete da parte degli utenti, oltre che quello all’oblio. Così, entro fine giugno saranno rimossi i primi link scomodi su Google, ma non è tutto rose e fiori come sembra e il diritto all’oblio in rete, se si guarda bene, somiglia quasi a uno scherzo.

    Perché il diritto all’oblio potrebbe in realtà non esistere
    Esiste un mondo reale e un mondo virtuale: il primo è quello che tutti conosciamo, con la sua geopolitica instabile ma comunque ormai nota a tutti. Il secondo è la rete, un flusso di informazioni costante dove si può trovare di tutto: dai venditori ai pirati, dai criminali ai benefattori. Un mondo a sé con delle regole a sé: però, parlare di diritto all’oblio in rete risulta davvero difficile.
    D’accordo, i primi link saranno rimossi a fine giugno e riguarderanno praticamente tutta l’Europa (non si sa ancora se Google notificherà la rimozione di un link per avvertire l’utente che forse quel che sta cercando non si trova più), ma sarebbe sufficiente recarsi sulla versione .com di Google per trovare quello che su Google.fr, o .it è stato rimosso.
    Sostanzialmente, dunque, il diritto all’oblio in rete non è nient’altro che un diritto all’oblio in Europa, ma oggigiorno il mondo è totalmente connesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e in rete la distinzione tra Europa, America e Asia non funziona più di tanto. Stona. E così il diritto all’oblio in rete risulta essere semplicemente parziale, ed è anche giusto così visto che la sentenza è della Corte Europea, ma non può essere definito allo stesso tempo un “oblio”, un “oscuramento” per l’utente. Cancellarsi totalmente da internet, quindi, sembra impossibile, a meno che Google non continui a perdere colpi. Il che, in un certo senso, sta già avvenendo.

    Quale futuro per i motori di ricerca?
    Dopo aver dovuto accettare di rimuovere i link non desiderati dal suo motore di ricerca, Google dovrà anche rimuovere 300 siti dai suoi risultati, non per il diritto all’oblio, ma per una sentenza della Corte Suprema del British Columbia riguardante un contenzioso tra due aziende canadesi, una delle quali avrebbe prodotto dei dispositivi di rete violando il copyright dell’altra grazie alla manovra truffaldina di un gruppo di ex soci che poi hanno rivenduto questi prodotti su una rete di siti.
    Google è stata così chiamata a rimuovere circa 300 siti dal suo search engine, ma in molti già si chiedono quale sarà la prossima sentenza a cui Big G dovrà piegarsi: difficile, come affermato da un professore in legge dell’Università di Ottawa, Michael Geist, che altri Paesi si facciano avanti per rimuovere e censurare siti non consoni alla propria fede politica o religiosa, ma non impossibile (se si guarda il giusto cavillo).
    Che i motori di ricerca stiano per subire una drastica mutazione? Sicuramente è Google a pagare più di tutti gli altri, anche perché il più frequentato: le ultime manovre per arginare il diritto all’informazione offerto da Google costituiranno un precedente o rappresentano un incentivo per gli altri motori di ricerca di fare il passo più lungo della gamba senza rischiare nulla e provare a scalare la vetta?

    Fonte: investireoggi.it

    Partendo da questo articolo, vi chiedo: vi è mai capitato di apparire su internet con link che vi hanno creato problemi? O in merito a cose che non avreste voluto che comparissero? Come vi siete regolati, nel caso? Ritenete sia giusto consentire alla gente di poter togliere dalla rete materiale che la riguarda?
     
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  2. Ankh
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    non mi è mai capitato di apparire nelle ricerche di google, almeno non attraverso la ricerca per nome e cognome. Trovo più che giusto tutelare chi non desidera che dati personali o anche meno personali compaiano in rete e siano alla mercé di chiunque. Di un chiunque che può interessarsene o per semplice curiosità o anche per ricavarne qualcosa.
     
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  3. Ankh
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    Posto questo articolo che tratta l'argomento da una prospettiva che, almeno io, non avevo considerato...
    CITAZIONE
    Il diritto di ricordare, maledizione

    Jeff Jarvis, BuzzMachine

    Il fatto che un tribunale costringerà Google a cancellare dei link su internet è una notizia terribile per la libertà d’espressione.

    Un giornalista mi ha chiesto cosa penso del fatto che Google, in seguito alla decisione assurda e pericolosa di un tribunale europeo, ha messo a disposizione degli utenti un modulo per chiedere di cancellare i link a contenuti sgraditi che li riguardano. Ecco cosa gli ho risposto.

    È una una notizia terribile per la libertà di parola, per il web e per l’Europa. La corte di giustizia dell’Unione europea ha calpestato la libertà d’espressione non solo di Google, ma anche dei siti e degli autori a cui rimandano i suoi link.

    La corte ha deciso di controllare il sapere, di cancellare cose che già sappiamo: un concetto oltraggioso nei confronti di una società aperta e moderna, e che in passato è stato usato dai tiranni. Ci si sarebbe augurati che i giuristi europei fossero i primi a riconoscere il pericolo di quel precedente.

    Il tribunale ha messo in discussione la struttura stessa dell’invenzione di Tim Berners-Lee – il link, il fondamento del web – affermando che Google, e poi forse ognuno di noi, è legalmente responsabile dei link alle informazioni.

    I giornali, adesso, saranno costretti a cancellare i link e le citazioni? Le biblioteche dovranno eliminare le schede dai loro cataloghi?

    Paradossalmente, la corte ha attribuito più potere a Google, perché l’azienda deciderà quali sono le informazioni che è opportuno trovare e quali no. Inoltre il tribunale europeo ha dato all’azienda dei parametri assurdi: per esempio, stabilire cosa è pertinente a cosa, a chi e a quale contesto.

    Non sappiamo come i motori di ricerca metteranno in pratica questo decreto. Uno degli interrogativi ancora aperti è in che modo i siti potranno appellarsi a questa decisione una volta privati dei loro link.

    Se questo procedimento sarà pubblico, come dovrebbe, non si rischia di richiamare ancora più attenzione sulle informazioni in questione? Un altro elemento da chiarire è se i contenuti bloccati in Europa resteranno accessibili (come spero) nel resto del mondo, dove la corte europea non ha alcuna autorità. In tal caso, se altre persone potranno accedere ai risultati delle ricerche, questo non contribuirà a rendere più visibili le informazioni oscurate?

    Insomma, il tribunale potrebbe aver innescato una serie di effetti Streisand o, come ha detto il comico John Oliver durante il suo talk show sulla Hbo, l’unica cosa che si sa dello spagnolo che ha presentato il reclamo è quello che lui non voleva si sapesse.

    E cosa dire poi dei motori di ricerca e dei siti che non hanno una sede in Europa e sui quali la corte non ha giurisdizione? Se rifiuteranno di eliminare i link su richiesta, il tribunale li renderà inaccessibili in Europa?

    Infine sono preoccupato perché questo verdetto potrebbe confermare l’idea che l’Europa sia tecnofobica e antiamericana. Bisogna poi considerare le iniziative intraprese soprattutto in Germania: qui le autorità hanno imposto un Verpixelungsrecht (il diritto a essere “pixelati”) su Google Street View nonostante le foto siano scattate pubblicamente in luoghi pubblici, e gli editori tedeschi hanno deciso di coalizzarsi contro Google per costringere i politici ad approvare una legge che limiti la citazione di brevi paragrafi di contenuto.

    Senza contare le misure altrettanto sconcertanti adottate in Francia, in Italia e in altri paesi. L’Europa è un luogo dove un’impresa o un investitore high-tech sceglierebbero di lavorare?

    Lei mi chiede della nomina di Eric Schmidt e David Drummond a presidenti del comitato di consulenza istituito da Google per indicare come procedere. Questa scelta indica chiaramente quanto sia grave e pericolosa la situazione agli occhi di Google.

    Proprio due settimane fa ero a Mountain View per parlare alla riunione degli esperti di privacy di Google e posso dirvi con certezza che erano tutti sconvolti dalla decisione del tribunale. Durante l’incontro ho detto all’incirca le stesse cose che ho scritto qui. Questo verdetto mi fa inorridire.

    (Per chiarezza preciso che Google mi ha rimborsato le spese di viaggio ma che non ho alcun rapporto economico con l’azienda).

    (Traduzione di Floriana Pagano)

    Jeff Jarvis è un giornalista statunitense. Insegna giornalismo alla City University di New York. È l’autore di Public parts. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo The right to remember, damnit.

    fonte:internazionale.it
     
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  4. (elettrica)
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    Però attenzione: gli archivi di un giornale non si possono toccare. Ci sono delle normative ben specifiche su questo, che li equiparano ad archivi ufficiali e non possono essere toccati.
     
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    Amico Errante
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    Il diritto all'oblio sarà solo per l'Europa. In America, ad esempio, i dati rimarranno accessibili.

    "Diritto all'oblio". Non è propriamente ciò che si definisce come frase allegra. L'eutanasia dell'etere.
     
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  6. Ankh
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    CITAZIONE
    Secondo Wikipedia il diritto all’oblio è immorale

    Wikipedia (l’enciclopedia online più famosa al mondo) prende posizione contro il diritto all’oblio. E la prende con il suo fondatore, Jimmy Wales. La norma che consente ai cittadini europei di essere “dimenticati” sul web, rimuovendo vecchie notizie dai risultati delle ricerche online, è “profondamente immorale“.

    Wikipedia spiega che nella versione italiana, la richiesta di rimozione riguarda le pagine su Renato Vallanzasca e sulla Banda della Comasina.

    "I risultati di ricerca accurati stanno scomparendo dall’Europa senza nessuna spiegazione pubblica, nessuna prova reale, nessun controllo giurisdizionale e nessun processo d’appello. Il risultato è un luogo in cui le informazioni scomode semplicemente scompaiono"


    ha scritto Tretikov, direttore esecutivo della Wikimedia Foundation.

    Wales ha poi proseguito, parlando ieri a Londra durante la conferenza annuale Wikimania, dicendo

    "La storia è un diritto umano e una delle cose peggiori che una persona può fare è tentare di usare la forza per metterne a tacere un’altra. Sto sotto i riflettori da un bel po ‘di tempo. Alcune persone dicono cose buone e alcune persone dicono cose cattive. Questa è storia e non userei mai un procedimento legale come questo per cercare di nascondere la verità. Credo che ciò sia profondamente immorale."

    fonte:chiccheinformatiche.com
     
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5 replies since 23/6/2014, 08:56   62 views
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