Anche i capolavori vengono stroncati

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    Non si può certo pensare che tutti possano amare un libro. Certo che quando si parla di un capolavoro che a distanza di decenni viene ritenuto un classico da non perdere, allora si può pensare che un giudizio prossimo all’oggettività sia stato decretato dal tempo e dalla società. Però non sempre i contemporanei colsero, tutti, la grandezza di alcune opere. Vi proponiamo alcune violente stroncature, su testate autorevoli o da persone insospettabili, di alcuni classici ‘900 che adesso fanno sorridere.
    Orville Prescott, sul "New York Times", identifica due ragioni per cui Lolita di Vladimir Nabokov “non è degno dell’attenzione di qualunque lettore adulto. La prima è che è monotono, monotono, monotono in un modo pretenzioso, imbellettato e maliziosamente futile. La seconda è che è rivoltante”. Poche righe dopo definì la scrittura di Nabokov “pornografia intellettuale”.
    Fin qui abbiamo parlato di un libro che metteva alla prova la morale dell’epoca, quindi può essere anche comprensibile la reazione disgustata; ma se parliamo del Grande Romanzo Americano, mettiamoci pure le maiuscole, allora diventa difficile non sorridere. Il nome della critica confusa è Ruth Snyder che per il "New York Evening World" scrisse “siamo assolutamente convinti, dopo aver letto Il grande Gasby che il signor Fitzgerald non sia uno dei grandi scrittori americani di oggi”. Ecco, di oggi no, ma di domani e dopodomani decisamente sì.
    Poi ci sono quelli che hanno capito davvero poco di un libro, se pensiamo che il "New York Herald Tribune" parlò de Il mondo nuovo di Aldous Huxley, distopico racconto allucinato, come di “un lugubre e tirannico racconto di propaganda”.
    Talvolta accade che il peggior stroncatore sia molto vicino, è il caso di dire una serpe in seno per Ernest Hemingway che ha conservato per tutta la vita una lettera scritta dalla madre riguardo al suo celebre Fiesta: "Che è successo? Hai smesso di interessarti a lealtà, nobiltà, onore e finezza nella vita... sicuramente hai altre parole nel tuo vocabolario oltre a 'damn' e 'bitch'. Ogni pagina mi riempie di disgusto nauseabondo. Se dovessi prendere un libro scritto da qualsiasi altro autore con parole del genere smetterei di leggere e lo getterei nel fuoco". Amore di mamma.
    Concludiamo questa carrellata con un giudizio impietoso non di un critico, ma di un collega. Virginia Woolf nel suo diario parlo così dell’Ulisse di James Joyce, il grande romanzo che cambiò la letteratura in lingua inglese dopo la sua uscita nel 1922, “mi sembra un libro incolto, mal sviluppato. Il libro di un lavoratore autodidatta, e tutti sappiamo quanto siano dolorosi, egocentrici, insistenti, grezzi, impressionanti e fondamentalmente nauseanti… nessun libro mi ha mai annoiato tanto”.
    Il tempo è il solo giudice che può dirci con credibilità quale romanzo sia un capolavoro. Come ci ricordava Italo Calvino “Un classico è un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.”

    Fonte: comingsoon.it
     
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